Regia: Katia Berardi
Collaborazione di: Pierluigi Siena
Riprese: Rudy Cocer
Copyright: Provincia Autonoma di Bolzano
Anno: 2001
Durata: 15′
L’ufficio Cultura Italiana e la Provincia Autonoma di Bolzano presenta un’altra iniziativa per capire l’arte attraverso un percorso guidato.
Gino Severini (Cortona 1883 – Parigi 1966)
Interventi: Pier Luigi Siena, Romana Severini, figlia del pittore, Daniela Fonti, curatrice della mostra “Severini futurista”, Museo Gugenheim, Venezia Inizia a dipingere molto giovane a Roma dove conosce Umberto Boccioni e con lui frequenta lo studio di Giacomo Balla, artista già affermato da cui ricava i primi contatti con il post-impressionismo e la tecnica divisionista, che influenzeranno le sue prime composizioni
(Via di Porta Pinciana al tramonto, 1903).
A Parigi, dove si trasferisce nel 1906, Severini conosce l’arte di Seurat, stringe amicizia con Modigliani e può ammirare le opere cubiste di Picasso e Braque.
Nel 1910 aderisce al Manifesto della pittura futurista, assieme a Balla, Boccioni, Carrà e Russolo e negli anni seguenti svolge una proficua funzione di tramite tra l’arte degli amici futuristi e gli ultimi sviluppi della ricerca artistica raggiunti nella capitale francese, in particolare con il cubismo.
A Parigi frequenta oltre ai circoli di intellettuali, i cabarets ed i locali di Mont Martre, dipingendo scene di vita notturna. Sono di questo periodo opere come Le chat noir, (1912), La dance du Pan Pan a Monico, una tela che sintetizza cubismo e futurismo (distrutta durante il nazismo e ridipinta nel 1959 da Severini stesso, in base a fotografie), le prime Danzatrici, che rivelano una “Weltanschaung” (visione della realtà ) del tutto rinnovata, in seguito alle teorizzazioni futuriste di Marinetti, ma anche e soprattutto per una nuova concezione della pittura da parte di Severini.
Brillantezza del colore, rottura degli schemi prospettici e della gerarchia figurativa, movimento e dinamismo futurista si esplicitano nelle opere di questo periodo, in particolare nella serie di dipinti ispirati alla danza, (Ryhtme de danseuse en bleu, 1912), che offrono anche la scoperta della simultaneità e la moltiplicazione dei punti di vista. Contemporaneamente e negli anni successivi Severini sperimenta anche i collage cubisti (Omaggio a mio padre, 1912), interpretando la scomposizione cubista come successione ritmica di piani e colori (La donna seduta, 1914).
Nel 1916, tempera la sperimentazione in una classicità tipicamente italiana (Ritratto di Jeanne e Maternità , 1916), anticipando il “ritorno all’ordine” proclamato di lì a poco in tutta Europa.
Conosce il matematico Bricard, si appassiona agli studi della geometria e della matematica e nel 1921 pubblica il testo Du cubisme au classicisme in cui si esplicita il suo interesse teorico-scientifico e la ricerca estetica di armonia e rigore costruttivo.
Sotto il segno del ritorno ad un plasticismo di stampo tradizionale sono le grandi decorazioni del castello di Montefugoni (Firenze), e i vari Arlecchini e maschere del teatro dell’arte. Dopo l’incontro con il filosofo Maritain, si acuiscono le crisi religiose e Severini si avvia ad una concezione dell’arte sempre più mistica.
Vuole creare una nuova lettura del sacro, attraverso la decorazione parietale delle chiese, recuperando allÂ’artista il suo antico mestiere di narratore al servizio dello spirito. Tra la metà degli anni Venti e Trenta, affresca e lavora a mosaico in molte chiese svizzere. Negli anni Quaranta torna ad una sorta di post-cubismo.
Abbandonata la registrazione documentaria dei fatti, la sua pittura approda ad una rinnovata libertà formale. Severini ritorna al tema caro della danza e dello spettacolo come vortice astratto di luci e colori
(Ritmo ed architettura delle tre Grazie, 1949; Pas de deux n. 1, 2, 1950).